Laika

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 Secondo i saggi del paese, riuniti in seduta plenaria al bar della Ida, mandare la Giovanna in autostrada era una roba assurda. Assurdo come se John Charles sbaglia un gol a porta vuota, diceva uno. Assurdo come se Fanfani domani mattina dice che è comunista, dice un altro. Assurdo come se mandano un cane nello spazio, dice il terzo. Orco, questa è grossa, dicono gli altri.

Alla fine degli anni ’50 in paese di donne che guidavano c’era solo la Giovanna, che era una ragazza molto intraprendente. Usava la 600 nuova di pacca di suo marito, che aveva sempre una gran paura a fargliela usare. Lui l’aveva vinta con un tredici da spettacolo al Totocalcio l’anno prima. Siccome per indovinare Taranto-Legnano, che lui proprio non aveva idea di cosa mettere e difficilmente avrebbe saputo collocarle su una cartina geografica, si era fatto aiutare dalla Giovanna, era parso giusto che anche la Giovanna prendesse la patente e potesse adoperare la 600. Più che aiutare, la Giovanna era in cucina e lui le aveva gridato Giuana, uno, due o ics? e lei aveva detto ics cosa vuol dire? ma lui l’aveva presa per buona lo stesso. Lei, da donna intraprendente, rivendicava tutti i meriti del tredici.

Non guidava mica male, la Giovanna. Ma andare in autostrada era una sfida contro le leggi del mondo. Va detto che di autostrada non ce n’era mica tanta. Soltanto da Brescia a Milano, poi basta. E perché non può guidare tuo marito?, si chiedevano i vecchi al bar. Perché, dice lei, s’è fatto male a un braccio e non riesce. Perché non ci vai in treno?, le domandavano. E lei diceva: perché devo portare là una valigia molto pesante, io non riesco a portarla e mio marito s’è fatto male al braccio e poi devo portarla mica a Milano, ma a Legnano, è scomodo col treno.

I vecchi restavano perplessi.

Cosa c’è nella valigia pesante? Una macchina da cucire di quelle moderne. E cosa la porti a fare a Legnano? Dalla zia. E perché devi portarla alla zia? Perché lei non riesce a venirla a prendere, non ha mica la patente. Sì, ma perché non se ne compra una là? Perché questa qua è sua, l’ha comprata prima di andare a star là e ci tiene tanto, e ha bisogno questa settimana.

Ecco, ci son delle robe che uno fa e dimostra che si possono anche fare. Si possono anche non fare, ma si possono fare che va bene uguale. Non so, il primo che si è stufato della scrittura bustrofedica e ha detto: oh, ma se qua quando andiamo a capo ricominciamo ancora a sinistra e andiamo verso destra non vien mica più comodo? E gli altri avran detto: proviamo pure, vediamo, ma dentro lo sapevano che non funzionava. Il primo che ha attaccato la chitarra a una spina. La Giovanna.

I saggi al bar erano sconvolti. La Giovanna andava in autostrada. Suo marito no, stava a casa. Son mica scemo, diceva lui.

La Giovanna si fa aiutare da dei parenti a mettere la macchina da cucire sulla 600 e passa dalla piazza a bere il caffè prima di partire. Il paese è tutto riunito per la punzonatura e il via. La salutano come se non dovessero rivederla mai più. Addio, addio. C’è il sindaco con la fascia, il prete di nascosto le dà l’estrema unzione. Non c’è un clima di gran fiducia.

L’Omero, uno dei saggi, fa un tentativo: Giovanna, se vuoi guido io. No Omero, grazie, dice la Giovanna, sei gentile ma non ti faccio guidare, sei cieco. Omero ci rimane un po’ male, lui sa per certo che le avrebbe salvato la vita, si gira e ribalta due tavolini del bar della Ida.

La Giovanna parte, il paese sventola i fazzoletti. Quando la nuvola di polvere si abbassa c’è un silenzio che sembra di essere in mezzo ai campi d’inverno alla mattina presto. Tutti si guardano.

Si dan l’appuntamento per le sette di sera, che la Giovanna, se tutto va bene, dovrebbe arrivare a quell’ora lì e loro sono un po’ in pensiero. Prima che vadan tutti via da un tavolino del bar della Ida un saggio col giornale dice agli altri: vè, hai visto qua? I russi han mandato un cane nello spazio. L’Omero guarda l’orizzonte, senza vederlo. Si gira verso gli altri saggi. Il volto gli si illumina.

Siam più avanti noi, dice.

 La sera la Giovanna arriva puntuale, il paese trabocca di gioia come il giorno che son andati via i tedeschi. Il medico le misura la pressione, le fa dire trentatrè, le sente il cuore. Alza la testa: «È viva!». Ma tutti sanno che è solo sopravvissuta.

«Ve l’avevo detto che siam più avanti noi, il cane è morto!»

Omero si mette la mano sul cuore e canta la Canzone del Piave. Gli van tutti a dietro.

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