Lettera aperta al presidente Monti

Lettera aperta al presidente Monti

dal Voltapagina del Dicembre 2011, pag. 11

Egregio Presidente Monti,
io non sono un grande esperto di economia ma ugualmente voglio mettermi a disposizione per risollevare il Paese dalla tragica situazione in cui versa. Le indirizzo pertanto tramite le pagine di questo giornale una lettera aperta che spero terrà in considerazione.
Vorrei umilmente avanzare una proposta semplice per uscire dalla crisi: la prima mossa da fare sarebbe porre fine alla sanguinosa Guerra dei Cachi che rovina l’autunno di ogni famiglia italiana, mettendo in insanabile conflitto anziani che obbligano figli e nipoti a raccogliere i cachi e figli e nipoti stessi, obbligati a portare con sé la totalità del raccolto, che ovviamente non piace a nessuno, e prodursi in vani tentativi di sbolognare i cachi a lontani conoscenti in segno d’affetto, conoscenti che a loro volta cercheranno di rifiutarli sdegnosamente causando il default del sistema Caco, che marcisce nelle cantine delle famiglie italiane insieme ai BOT.
Tutto questo accade perché il caco è un frutto che nessuno sano di mente riesce ad apprezzare. Il fatto che quasi tutte le nostre famiglie siano cadute nel bieco tranello del caco quando esso sembrava rappresentare un sicuro investimento per l’avvenire e ne abbiano piantato uno in ogni giardino, ignorando le nefaste conseguenze future, ha creato un divario tra domanda di cachi e offerta di cachi che è andato al di là di ogni previsione dei mercati causandone la svalutazione totale. Con l’andare del tempo lo spread tra il rendimento di una pianta di ciliegie e un caco ha messo in ginocchio le nostre famiglie, superando il milioneduecentosedicimila punti e culminando nel tristemente famoso lunedì nero del 1994, quando un uomo esasperato rovesciò tre cassette di cachi sul Raccordo Anulare, causando un tamponamento a catena e segnando indirettamente l’inizio dell’era Berlusconi.
La mia proposta, non del tutto dissimile da certe operazioni degli speculatori finanziari, ma assai più democratica, è quella di quotare in borsa i cachi come titoli obbligazionari, in modo che assumano un valore, per quanto puramente immaginario, e rilancino il sistema Paese fungendo da volano per la ripresa economica.
Superando così l’antico concetto di caco come frutto senza valore intrinseco e operando questo piazzamento che lo faccia valere come puro prodotto finanziario, i nostri anziani potrebbero godere di un plusvalore sulla loro pianta di cachi, i nipoti verrebbero pagati per raccoglierli e al posto di assistere come ogni anno all’orrendo balletto dello scarica-caco i nonni potrebbero depositare carrettate di cachi a Piazza Affari. Solo così l’Italia potrà risorgere e tornare ricca e competitiva, equa e libera dal giogo delle banche e degli speculatori.
E, soprattutto, nessuno dovrà più mangiare cachi.

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