Ogni anno io e il buon Enrico (http://eljerroz.wordpress.com) facciamo un giochetto: ognuno deve lavorare su una poesia dell’altro, secondo regole prestabilite. Il gioco è molto divertente, e poi ci si scambia la roba come pusher di strada. I risultati non sono sempre eccellenti, ma non importa, perché il bello è che si scherza, e si lascia manipolare la propria opera. Niente è più sacro, così, e ci si guarda allo specchio. Ma mica allo specchio del bagno, semmai a quello delle giostre, che ti deforma e ti sussurra che chi lo sa se è giusto quello che dice lo specchio del bagno o quello che dice lui.
Nel 2009, il gioco era che ognuno diceva qualcosa di suo alla maniera dell’altro. Prima la sua, poi la mia.
L’UNA
Gli alieni fanno le cose per bene
perché piegare il grano a cerchi
che sia visibile dal cavalcavia della TAV
è da gente accorta e con un futuro
nel ramo pubblicitario.
Ecco che accorrono i curiosi
e i fedeli in sciarpa gialla
si tengono per mano e pregano
qualche stellare dio contadino
che marchia i campi con palle e righe,
come a segnare il divieto di sosta
o un diritto di precedenza.
La sacerdotessa si rivolge al Beppe
con fare da pacifista spaziale:
lui dovrebbe e non ride, all’erta
per una possibile vendita, per vedere
dove sta la fregatura. E così può anche
andare in pensione, ma mai abbassare la guardia
di fronte agli adoratori di marziani.
chi ha visto la luce dall’alto
o era steso ubriaco e fissava il soffitto
o l’ha confusa con gli anabbaglianti
dei ragazzini, divertiti nel leggere i quotidiani locali
il giorno successivo. Al sindaco neoeletto
il compito istituzionale di rispondere e tacere,
di non mandare i giornalisti ‘a far delle pugnette
alla rovescia’, come recita l’adagio.
si progettava di aprire, se non un bed&breakfast,
almeno un bar con ghiaccioli a 5 euro,
perché pregare rende assetati e il sole di giugno aiuta.
Invece il proprietario del campo batte
perché ormai era il tempo e non si aspetta
il consenso di qualche E.T.: la prossima volta
che mandano un messaggio, siano concisi
e facciano stare tutto in 160 caratteri.
L’ALTRA
Non ho nulla da insegnare
a chi è più giovane di me
giusto tre date
mandate a memoria
e quattro cose che mi danno
quattro diversi colpi
in zone cerebrali che non saprei indicare
-se dio vuole ne farò un mestiere-
A Cristina di là dal muro
un giorno spiegherò
perché è giusto dire grazie
e meglio ancora dire niente.
Mi guarderà come un pazzo
come si guarda quel cane
che salta nel cerchio in cambio d’un osso.
L’è fat a la su manéra
quando mi parlano dietro,
perché a separarmi dal cannibale
è solo l’asse diacronico.